L’accuratezza del lavoro scientifico e le pratiche direttamente connesse con l’Archeologia sperimentale determinano la qualità della didattica, la riproducibilità degli schemi operativi e l’efficacia delle tecniche applicate
Una parte fondamentale del “bagaglio” culturale -e soprattutto esperienziale- di una GS esperta, comprende le nozioni fondamentali di Archeologia sperimentale applicabili ai contesti di sopravvivenza.
L’Archeologia sperimentale è una scienza relativamente recente, nata in ambiente anglosassone a partire dagli anni ‘60 del XX secolo come sotto-disciplina dell’Archeologia, con la funzione di verificare le interpretazioni degli studiosi sottoponendole a processi di sperimentazione. In seguito, grazie al lavoro di John Coles (1979) e poi di Peter Reynolds (1999), ha assunto la fisionomia di teorica scientifica e, insieme all’indagine basata sul reperto, ha acquistato importanza quella sul processo per realizzarlo promossa dalla New Archaeology (Vidale 2004).
Sperimentare significa mettere in discussione, attraverso un processo empirico, la concezione, la realizzazione e la funzione di un manufatto. Quindi, l’Archeologia sperimentale mette in atto un esperimento imitativo controllabile e replicabile riferito a un manufatto del passato per generare e verificare ipotesi e interpretazioni archeologiche o per proporne di nuove. Infatti, la sperimentazione archeologica si accompagna alle attività con finalità esperienziali che riguardano la riproduzione di tecniche e lavorazioni conosciute quali, per esempio, la scheggiatura della selce, l’accensione del fuoco, la lavorazione della ceramica o dei metalli, le tecniche costruttive. L’esperienza archeologica ha consentito sia di imparare che di mettere in atto una tecnica, permettendo la comprensione e l’applicazione di quelle che potevano essere le modalità produttive e le problematiche relative a determinate pratiche del passato, molte delle quali vengono riproposte nell’ambito delle Tecniche di Sopravvivenza.
L’approccio esperienziale all’Archeologia si attua su più livelli interconnessi che determinano un diverso rapporto con la tematica storica:
- un primo livello rigorosamente scientifico e sperimentale fornisce dati interpretati sulla base di dati oggettivi provenienti da contesti archeologici indagati stratigraficamente;
- un livello imitativo fornisce a livello didattico un importante ponte verso la realtà preistorica e storica che costituisce la fonte delle informazioni e l’oggetto dell’attività esperienziale;
- un livello spettacolarizzante completa l’aggancio emotivo e trasforma l’esperienza archeologica in un momento importante non solo per il processo di apprendimento, ma anche per la valorizzazione del territorio e dei Beni Culturali.
La differenza tra Archeologia sperimentale ed esperienziale-imitativa
L’ARCHEOLOGIA SPERIMENTALE è un metodo scientifico di ricerca che, attraverso l’uso attivo dell’esperimento, contribuisce a fornire nuove spiegazioni e a confermare oppure smentire interpretazioni elaborate dai dati di scavo (Reynolds 1999). Allo studio del passato vengono applicate le regole del Metodo Sperimentale (o scientifico empirico) galileiano. In linea con l’approccio delle scienze sperimentali, questa disciplina impone un rigoroso metodo di lavoro, in modo da ottenere risultati condivisibili, riproducibili e misurabili.
Una caratteristica peculiare dell’archeologia sperimentale è l’interdisciplinarità: il dover indagare sulle tecnologie antiche impone la necessità di istruirsi sulle varie tecnologie e informarsi sui relativi aspetti scientifici per cui, oltre alla manualità dell’archeologo sperimentalista, ci si deve comunque avvalere di altri specialisti quali archeometristi, chimici, biologi, fisici, geologi, etnologi. Il risultato non è il manufatto riprodotto, ma l’insieme di conoscenze che si ricavano durante il lavoro di ricerca.
L’ARCHEOLOGIA IMITATIVA non ha il rigore scientifico della sperimentazione archeologica, ma concorre comunque, se condotta correttamente ai fini divulgativi, didattici o semplicemente pratici, a rendere l’approccio al passato un’emozione coinvolgente e stimolante dal punto di vista cognitivo. La Living History, attraverso la ricostruzione di ambienti e situazioni e lo studio e la ricostruzione dei processi tecnologici, permette di comprendere i significati adattativi delle tecnologie nel corso dell’evoluzione umana. Conosciamo in dettaglio le modalità impiegate dall’uomo per produrre i suoi manufatti, le difficoltà che poteva incontrare nella fase operativa, la presenza e la funzionalità dei prodotti di scarto.
L’Archeologia sperimentale si distingue decisamente da quelle “false sperimentazioni” che prevedono la produzione di oggetti o strutture senza il rispetto del rigore scientifico.
Gli schemi operativi
Attraverso una accurata analisi tecnologica dei reperti e una valida riproduzione sperimentale è possibile ricostruire un percorso tecnologico che raggiunga i seguenti obiettivi:
- analizzare le tecnologie adottate
- misurarne tempi e difficoltà di costruzione
- verificarne la funzionalità
- provare l’efficacia e la durata di attività e manufatti.
La sperimentazione permette quindi di elaborare uno schema operativo facilmente riproducibile nella realtà:
- la produzione di un manufatto con una determinata tecnica;
- la comprensione della relazione che esiste tra i processi “in vivo” (living processing) e i prodotti archeologici;
- la dimostrazione o la confutazione di una ricostruzione archeologica.
Per conoscere questi aspetti, non è sufficiente studiarne le testimonianze archeologiche, ma occorre anche, ove sia possibile, ripeterne i processi. L’archeologo prende inoltre in considerazione gli utensili degli attuali popoli “primitivi” e osserva le modalità di realizzazione di particolari attrezzi che sono simili a quelli del passato. La GS può infine adottare anche oggetti moderni (destinati ad altro scopo) adattandoli all’”antica” funzione.